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ARMATURA FILOSOFICA, OVVERO ARMARSI FILOSOFICAMENTE: CATEGORIE (parte seconda)

Ago 28, 2023 | Progetti

Riprendiamo la seconda parte analizzando alcune delle categorie di significanza di  ARMARE e ARMATURA così come sono declinabili e declinate in relazione alla filosofia in questa proposta. Riprendiamo l’elenco, in grassetto le categorie oggetto del presente articolo:

  1. sostegno interno duraturo
  2. sostegno esterno provvisorio 
  3. difesa/ attacco
  4. guida/modalità esistenziale
  5. predisporre provvedere al necessario
  6. rendere più evidente (mettendo in tensione)
  7. dare riconoscimento solenne
  8. immagine ironica di affiancamento alla progettazione senza diretta assunzione di responsabilità e rischio.

2. sostegno esterno provvisorio

In che senso qualcosa di così profondo e universale come la filosofia può presentarsi come sostegno esterno provvisorio? Estero quindi removibile? Provvisorio nel senso di eliminabile? 

L’armatura esterna è quella che permette di puntellare l’apertura di un varco e di mettere in sicurezza il cammino muniti di una piccola luce  verso le profondità,  senza che tutto il sovrastante ci crolli addosso nel momento dell’esplorazione. Al termine della spedizione, e una volta riemersi, lo si può smantellare e lasciare che le profondità si richiudano sui loro misteri. 

Distinguo importante…le profondità verso le quali il varco e il cammino puntellato e illuminato dalla filosofia non sono l’inconscio, spazio quello precluso a questa disciplina, ma indicano i significati e i sensi che si celano nelle parole parlate e pensieri pensati dei quali il counselor e consulente filosofico chiede ragione e accompagna a scandagliare per portare alla luce quanto di ancora misterioso e non pensato e non parlato vi si cela. 

Il sostegno in questo caso è provvisorio perché praticato e costruito di volta in volta ed è nella cifra dialogica fra consulente e consultante che trova la sua specifica applicazione perché nell’altro l’io trova un rispecchiamento diverso da quello solipsistico perché l’altro può mostrarmi e domandarmi cose che non sapevo ancora ma che nella riflessione riconosco come mie consapevolezze. 

E’ questa alterità che ne caratterizza l’essere esterno, è la contestualizzazione in una questione, sentire, dichiarare, progettare specifico insieme al suo essere intrinsecamente un processo dialogico e quindi nell’incontro fra io e l’altro la sua provvisorietà ed è nell’essere strumento e pratica filosofica fatta in due la sua estraneità. Anche imparando le regole e i ritmi della costruzione, resta esterno perché rimanda sempre a uno scambio a un domandare da parte di un altro da me, all’osservazione altrui che illumina un angolo impensato (anche nel dialogo solipsistico in realtà l’io dialogante si sdoppia, ma su questo magari torneremo più avanti). 

3.difesa e attacco 

Questa categoria di significanza mi è particolarmente cara e rientra nel novero dei veri e propri #ALLENA-MENTI filosofici. Vedendo le grafiche della maggior parte dei miei post e quella del mio sito credo appaia chiara una mia certa predilezione per le linee rette e la schematicità. Non è però tanto gusto estetico quanto un abito mentale nonché la mia personale visione e idea della filosofia. Ricordo che ai tempi dell’università quello che poi fu il mio relatore di tesi, il prof. Maurizio Mori, entrando in aula per la prima volta dichiarò “ qualsiasi cosa direte potrà essere usata contro di voi, quindi scegliete le parole con cura e sappiatele ben argomentare”. Questa frase, insieme al corso di logica che già mi appassionava, fu una folgorazione. Più che risposte definitive, che mai trovavo, e più che un argomento specifico a cui dedicarmi, la mia mente curiosa e forse troppo inquieta mi portava a innamorarmi di tutto ciò che scoprivo, dalla metafisica, alla filosofia politica, dalla storia della filosofia alla storia medievale, etc…e così capii che ciò che rendeva la filosofia tanto cara e tanto importante per me era il suo essere griglia di pensiero, struttura formale di nessi e connessi, metodi e rigore con cui avrei potuto affrontare qualsiasi tipo di argomento. E questa idea ancora rimane dopo tanti anni ed è su questa che si annoda e annida il significato di difesa e attacco propria di un’armatura filosofica e di un a(r)marsi filosoficamente: allenare la competenza argomentativa e di giudizio. 

In un mondo massimamente comunicativo e complesso saper difendere le proprie parole con argomenti solidi e ben strutturati e sapersi difendere dalle menzogne, saper identificare gli argomenti impliciti nei discorsi e posizioni proprie e altrui, saper controbattere con correttezza e puntualità a un’accusa, sapersi battere con padronanza e consapevolezza per le proprie posizioni sono competenze sempre più necessarie e la filosofia offre il più proprio radicato e radicale allenamento.

Doverosa puntualizzazione…scopo principe della filosofia fu alle origini la ricerca della verità e anche se oggi molte delle scienze e saperi, che dalle radici filosofiche sono nate per poi svilupparsi in un fiorire di specializzazioni sempre più dettagliate e precise, sono preposte all’indagine delle diverse particolari verità e se il concetto stesso di verità è ora più debole e relativo, lo spirito filosofico rimane intatto e infatti scopo di queste pratiche di difesa e attacco non è battere l’altro o dimostrarsi il più forte in una sterile visione vincitori/vinti. Scopo dell’allenamento è l’avanzamento di entrambi i contendenti che nella bontà dei loro ragionamenti e nella puntualità delle loro parole cresceranno insieme in una nuova verità reciprocamente compresa e convintamente condivisa, migliorando la loro comunicazione, riducendo malintesi e ferite, di tempo, di spirito, di azione. 

4. guida/modalità esistenziale

Questo aspetto della filosofia praticata è molto diffuso anche sui internet (social, etc) e si aggancia ai concetti di filosofia come fioritura personale, alla figura del filosofo come mentore e in generale al sapere e alla pratica filosofica come insieme di saperi – teorici e pratici- atti a essere guida per una buona vita. 

Ho riflettuto molto su questo significato e sulle sue conseguenze una volta affiancato alla filosofia. 

Sono sempre stata sospettosa nei confronti dei sistemi chiusi, quelli con tutte le risposte, i sistemi iniziatici dove si impara dall’esterno ciò che è giusto e ciò che è sbagliato…ho sempre ritenuto che tali pratiche impositive potessero andare magari bene all’inizio (della vita, di un lavoro, di una relazione) quando si è ancora inevitabilmente principianti e si ha bisogno di una serie di puntelli su cui crescere e da cui imparare…ma che poi crescendo e imparando fosse sempre opportuno e giusto interrogare quello stesso sistema e interrogarcisi per aderirvi con consapevolezza, magari adattando alcuni aspetti a un se stesso più conosciuto e irrobustito, diventando così esperti. E sono sempre stata sospettosa anche di chi si propone come tenutario/a di verità o di un’opinione data per assodata o dichiarata come più autorevole. I gugu mi hanno sempre sempre lasciata diffidente (e la visione del film Holy Smoke ha cementato in qualche modo tale diffidenza!). 

In questo il mio atteggiamento ben si inserisce nel novero della filosofia contemporanea che, come ricordava E.Severino, ha rinunciato a ogni verità che non tenga conto del divenire del mondo, spingendomi però forse ancora un pò più in là e diffidando anche di quelle verità inclusive del divenire ove questo venga spiegato e inserito, addomesticato nel sistema di verità adottato! 

Ma se tutto è divenire e in divenire e l’unica verità rintracciabile è nelle narrazioni che via via si compiono allora non si rischia di essere solo foglie al vento, banderuole in balia di inconsapevoli forze? Davanti a queste incongruenze ho proseguito nella riflessione e in questa si  è illuminato un altro aspetto cruciale. 

Un aspetto, una particolarità che evita la parte di sistematicità granitica e iniziatica e che libera la figura del filosofo dal tocco da sapiente per restituirgli le vesti di un appassionato del sapere, di un viaggiatore e interrogatore indefesso e così ho accolto anche questa particolare sfumatura di significanza del termine armatura e a(r)mare a pieno titolo affiancabili a filosofica e filosoficamente. 

 La filosofia infatti come amore per il sapere non è tenutaria tanto di risposte (ognuno trova le sue e tutte insieme compongono la filosofia di ciascuno di noi, il nostro proprio mondo filosofico come “visione del mondo”) quanto di domande e nel fare le domande, nell’argomentare le risposte date via via e trovare così nuove domande, nell’atteggiamento dialogico e relazionale, nella passione per la ricerca, per l’esistenza e per l’essere, in tutte le sue forme ed espressioni e anche in sé, per la sua spinta definitoria mai definitiva, nel rigore metodologico, nell’ onestà intellettuale, nel chiamare a responsabilità , in tutto questo la filosofia può essere guida e costituire una modalità esistenziale. Diventa così la strada di mattoni gialli in cui ogni mattone è posato con un processo dialogico e di chiarificazione, diviene lo sprone che spinge a non adagiarsi sui preconcetti, propri e imposti, e crescere in consapevolezza, diventando così un pochino più esperti (nella vita, nel lavoro, nelle relazioni) senza per questo omologarsi, anzi…

Io stessa sono stata e sono affiancata dall’amica filosofa e mentore @manuela limonta perchè la filosofa non è mai arrivata e sempre c’è bisogno di buoni compagni di viaggio che magari alcune strade hanno già percorso e che possono illuminare aspetti non visibili a prima vista o che percorrono insieme altre strade e nel confronto e rimandi di ascolto, domande e argomentazioni si scambiano e forniscono guide per incanalare meglio un pensiero così che diventi azione o un’azione che trovi le profondità del pensiero in cui ancorarsi. 

(CONTINUA)

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